La ascolto da anni con la stessa emozione e ora che devo spiegare perché E’ la canzone più bella del mondo mi sento incapace di farlo. Troppi i ricordi ad essa legati, troppe le emozioni provate, troppo importanti quel testo, quei ritmi, quelle armonie, per riuscire a renderle giustizia come meriterebbe. Ci provo, seppur a stento, per omaggiare un artista, Lucio Dalla, che di canzoni degne di fare parte di questa lista ne ha scritte davvero tante. « Futura » è l’ottavo brano di un album – “Dalla” (1980) – che in sé concentra alcune fra le più belle canzoni italiane del secolo scorso (“Balla balla ballerino”, “Cara”, “La sera dei miracoli” o ancora “Siamo dei”). Sul disco arriva per ultima, in punta di piedi, con una musica un po’ cosmica, dei ritmi delicatamente travolgenti e un testo così apparentemente frammentato da sembrare buttato là senza rifletterci più di tanto. Vi lascia un’impronta indelebile.
Non avevo mai veramente carpito il senso del brano (o cosa significasse per me), almeno non fino a poco tempo fa, quando qualcuno – sentendomi sentenziare che è la mia canzone preferita – mi chiese “Di cosa parla?”. Lì per lì non seppi cosa rispondere e mi sentii una perfetta idiota.
Certo non avrei toppato se avessi detto come è ovvio che “Futura” è una canzone d’amore. Di quelle che mi taglierei un braccio (si fa per dire…) perché fosse scritta per me (in fondo lo è, altrimenti come si spiega che OGNI volta che si arriva a « E se è una femmina si chiamerà Futura. Sarà diversa, bella come una stella, sarai tu in miniatura », sento le formiche alle guance, anche ora che di meravigliose figlie ne ho due?). Ma sentivo, senza rendermene realmente conto, che come spiegazione sarebbe stata incompleta. Alla storia di due innamorati si mescola infatti un messaggio più cupo ma non meno profondo, impregnato di timori, di incertezza del domani ” in un mondo che “sta cadendo a pezzi come un vecchio presepio”, dove si mescolano preoccupazioni generali (a quanto pare Dalla scrisse “Futura” in piena guerra fredda, faccia a faccia col muro di Berlino) e personali (e chissà se si potrà “contare ancora, le onde del mare, e alzare la testa”). Un messaggio quasi celato dietro a una melodia spensierata per farci capire che una soluzione in mezzo a tutto c’è, per continuare a crescere, a sognare, ad amare, per stemperare la paura. Per continuare anche quando magari non ci credi più, c’è lei, salvifica: la Speranza. E allora “aspettiamo che ritorni la luce, di sentire una voce. Aspettiamo senza avere paura, domani”. Grazie Lucio!
Anna Passera